ALLE RADICI DEL VOLONTARIATO VINCENZIANO

Nella quaresima del 1617, Vincenzo De’ Paoli, un sacerdote francese di 36 anni, lascia la famiglia Gondi, una nobile famiglia parigina di cui era precettore, per assumere la guida pastorale di una parrocchia nella diocesi di Lione, a Châtillon-les-Dombes.

Pochi mesi dopo, domenica 20 agosto 1617, mentre si veste per la messa, una parrocchiana entra in sacrestia per dirgli che fuori del villaggio, in aperta campagna, c’è una famiglia in stato di estremo bisogno, tutti malati e privi di assistenza. 

Il buon prete sente il cuore oppresso. All’omelia parla ai fedeli di quella famiglia bisognosa. 

La sua compassione fu contagiosa o, come disse egli stesso, «Dio toccò il cuore» degli ascoltatori. Nel pomeriggio, accompagnato da un onesto borghese del paese, si mise in cerca di quei disgraziati. Fu sorpreso nell’incontrare per strada un gran numero di persone che andavano o tornavano. Faceva caldo e molti sostavano lungo il sentiero per riposare e rinfrescarsi un po’. Sembrava una processione. Varcata la soglia del tugurio, Vincenzo si rese personalmente conto dell’estremo stato di bisogno di quella gente. Amministrò i sacramenti ai più gravi. Vide anche i molti aiuti portati dai parrocchiani. Quello spettacolo lo fece riflettere. «Questi poveri infermi – disse tra sé – han ricevuto oggi, in una sola volta, provviste d’avanzo. Alcune si guasteranno e domani si troveranno al punto di prima. È una carità mal organizzata». Bisognava provvedere.

Tre giorni dopo, il mercoledì 23 agosto, Vincenzo metteva in moto un suo progetto. Riunì un gruppo di pie donne del villaggio per decidere con esse il modo migliore per soccorrere i poveri e i malati della parrocchia. Le incoraggiò a creare un’associazione per assistere i malati poveri del paese. Una ogni giorno, in ordine di iscrizione, cominciando dalla castellana del luogo, si impegnavano a iniziare la pia attività già all’indomani, facendo a turno il servizio “di aiutare il corpo e l’anima” di coloro che insieme avrebbero giudicati bisognosi di assistenza: “il corpo nutrendolo e curandolo; e l’anima disponendo a una buona morte coloro che sarebbero morti, e a ben vivere quanti invece sarebbero guariti”.

Era nato il primo virgulto del vigoroso albero della carità vincenziana. 

Tre mesi più tardi, il 24 novembre, il vicario generale di Lione approvava ufficialmente il regolamento dell’associazione, eretta a confraternita. L’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, veniva ufficialmente costituita, durante una solenne cerimonia nella cappella dell’ospedale, con atto pubblico alla presenza di numerosi testimoni. Erano in tutto dodici donne. 

Il Regolamento della Carità di Châtillon scritto di suo pugno ci rivela non solo il cuore di Vincenzo, ormai nella sua piena maturità umana, ma porta anche il marchio del suo genio organizzativo. Tutto è minuziosamente previsto: lo spirito e le finalità dell’associazione, il modo di distribuire le cariche, la vita spirituale delle associate, il modo di servire gli infermi.

Nei fatti e nelle loro conseguenze, San Vincenzo vive la carità, amore effettivo del prossimo a livello materiale e spirituale, dimensione essenziale della Chiesa, e non un insieme di opere buone ridotte ad affare individuale. La carità è impegno primario della Chiesa e coloro che accettano di occuparsene dovranno costituirsi in cellula di Chiesa.

«Poiché la carità verso il prossimo è un segno infallibile dei veri figli di Dio e uno dei suoi principali atti è visitare e nutrire i poveri malati, alcune pie damigelle e virtuose borghesi della città di Châtillon-les-Dombes (diocesi di Lione), desiderando ottenere da Dio la misericordia di essere sue vere figlie, hanno deciso insieme di assistere spiritualmente e corporalmente quelli della loro città che spesso hanno sofferto molto, più per mancanza di organizzazione nell’assistenza che per mancanza di persone caritatevoli.

Ma poiché c’è da temere che, avendo cominciato quest’opera buona, essa finisca in poco tempo se per continuarla non avranno una certa unione e un certo legame spirituale, hanno deciso di unirsi in un gruppo che possa essere eretto in una confraternita con i regolamenti che seguono. Ma tutto questo col benestare di monsignor arcivescovo, loro onoratissimo prelato, al quale l’opera è sottomessa completamente. La detta Confraternita si chiamerà la “Confraternita della Carità” (Regolamento della «Carità» di Chatillon).

Nell’organizzazione delle prime charités troviamo già tutti gli elementi essenziali per una buona valorizzazione del volontariato laico. Fin dai primi regolamenti sono già chiari alcuni punti di fondamentale importanza.

Inizialmente dedite all’assistenza ai malati poveri e più abbandonati, le Dame della Carità estesero la loro opera a ogni genere di soccorso ai bisognosi, mantenendo comunque lo stile vincenziano, che richiede l’incontro personale con i poveri a domicilio o comunque nel loro ambiente di vita. Per favorire l’unità di quest’opera, San Vincenzo de’ Paoli diede regole comuni, basate sull’imitazione di Gesù Cristo, sull’amore evangelico senza frontiere, sull’organizzazione degli interventi, sulla creatività, per trovare modi sempre nuovi di aiuto ai poveri.

Tra il 1618 ed 1625 Vincenzo predica circa quaranta missioni che invariabilmente si concludono con la fondazione della Confraternita della Carità. Si conservano ancora oggi i regolamenti di molte di esse. In tempi brevi le Confraternite conquistano le grandi città francesi. Vi aderiscono sempre più numerose le dame e ovunque si raccolgono riscontri lusinghieri sia da parte di vescovi e parroci, che di amministratori e autorità cittadine.

Nel 1629 le Carità “conquistano” Parigi. La prima Confraternita parigina viene fondata, su richiesta di Santa Luisa de Marillac, nella parrocchia del Saint Sauveur, la sua parrocchia; due anni dopo in altre quattro parrocchie di Parigi, compresa quella di Saint Nicolas-du-Chardonnet; nel 1631 sono già sei le Confraternite parigine e nel giro di pochi anni non vi è parrocchia nella capitale che non abbia la sua Confraternita.  

In Francia le Carità si diffondono dappertutto. Le vediamo impegnarsi in molteplici direzioni: nell’opera dei trovatelli, allora considerati “figli del peccato”; nei soccorsi alle zone devastate dalla guerra (la Lorena nel 1639, la Piccardia nel 1641, la Champagne nel 1643); a favore dei prigionieri e dei galeotti; nell’opera dei mendicanti per cui le dame faranno costruire un grande ospedale in Parigi, con enorme prudenza e attenzione alle norme di accoglienza e residenza.

Quando Vincenzo termina la sua giornata terrena, la Compagnia della Carità è ormai una solida realtà nella Chiesa e nella società francese e non solo.

L’8 gennaio 1695, con un Breve Pontificio, Papa Innocenzo XII riconosce ufficialmente la Compagnia della Carità come una realtà ecclesiale di interesse generale e non più locale, con la concessione di indulgenze plenarie:

Nel 1850 il Superiore Generale dei padri vincenziani, padre Jean-Baptiste Etienne, ottiene da Pio IX per la Compagnia della carità l’estensione delle indulgenze che papa Gregorio XVI aveva concesso alle Conferenze di San Vincenzo nel 1845.  

Lo stesso Pio IX darà alla Compagnia prova di grande stima quando nell’agosto del 1857, in occasione di una breve visita a Firenze, accetterà di presiedere la riunione delle Dame della Carità. 

Il 24 aprile 1863, durante un’Assemblea generale, viene approvato il nuovo Regolamento per le Confraternite della Carità curato direttamente da padre Etienne. D’ora in avanti le Charités saranno denominate “Associazione delle Dame di Carità di San Vincenzo De’ Paoli”.

In pochi anni l’Associazione incrementa la sua presenza in tutto il mondo tessendo una efficiente rete di collegamento che ci permette ancora oggi di seguirne con precisione lo sviluppo, le iniziative e l’espansione.

Nel 1917 papa Benedetto XV, al padre Emile Villete, Superiore Generale della Missione e Direttore generale dell’Associazione delle Dame della Carità, scrive: 

Se vi è un’istituzione che noi dobbiamo favorire con particolare sollecitudine, è la pia Associazione delle Dame della Carità […] la prima in data e una delle più utili.

Dal 28 al 30 novembre 1930, nella cornice del primo Centenario della traslazione delle reliquie di san Vincenzo e delle apparizioni della Santa Vergine alla Figlia della Carità Caterina Labouré, si svolge a Parigi il 1° Congresso mondiale delle Dame di Carità.

Nello stesso anno inizia la pubblicazione di “Annali della Carità”, mensile che ancora oggi rappresenta la voce ufficiale dell’Associazione in Italia.

La ritrovata importanza di vocazione, ruolo e compito dei laici e della testimonianza della carità nella vita e per la credibilità della Chiesa rimarcata dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) non poteva passare inosservata. La Compagnia della Carità progetta immediatamente un nuovo congresso con l’obiettivo di rielaborare attività e spiritualità alla luce dell’evento conciliare, la primavera dello Spirito soffiata sulla Chiesa, ma ancora in attesa di piena fioritura e maturazione. Il Congresso ha luogo a Roma il 22-24 ottobre 1966.

Nel 1971, le delegate di 22 associazioni, radunate in Assemblea Straordinaria, votano il nuovo statuto e adottano il nome di Associazione Internazionale della Carità (AIC). Nel decidere di mantenere nel nuovo nome il termine di “Carità”, i membri hanno voluto sottolineare la discendenza diretta dall’opera creata da San Vincenzo e la loro fedeltà all’insegnamento profetico del loro fondatore.

In Italia, dopo un triennale lavoro svolto da una commissione specificamente incaricata di preparare la traccia di un nuovo regolamento, il Consiglio nazionale (sessione plenaria del 2-3 ottobre 1976) decide di trasformare la denominazione “Compagnia della Carità” in “GRUPPI DI VOLONTARIATO VINCENZIANO”.

Ancora oggi, in Italia l’Associazione è così conosciuta ed è presente in 18 Regioni, articolata in sezioni regionali, provinciali (o diocesane) e cittadine.

Svolge il servizio caritativo soprattutto nei territori parrocchiali (è lo specifico dell’Associazione) o interparrocchiali, individuando i bisogni e le risorse, per realizzare in modo corretto gli interventi e per promuovere nella comunità l’animazione della carità in spirito di servizio ai poveri, direttamente o in collaborazione con altri. Per assicurare una partecipazione e un servizio aggiornato e competente sono programmati corsi di formazione spirituale, culturale, tecnica e specifici per i vari settori di intervento (centri di ascolto e di accoglienza, centri per donne in difficoltà, ospedali, centri anziani ecc.).